Natale in Medio Oriente: educazione tra Palestina e Siria
In Medio Oriente, la crisi colpisce famiglie e bambini tra povertà e scuole inagibili. In Palestina e Siria, sosteniamo ogni giorno 4.200 famiglie, garantendo accesso alla scuola, educazione e protezione.
Palestina oggi: tra prospettive di pace e conflitto ancora in corso
La Palestina oggi sta attraversando una fase di cambiamento inatteso. Nei Territori Palestinesi — Striscia di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est — persiste una crisi che affonda le sue radici in decenni di conflitti irrisolti. L’ultima guerra iniziata il 7 ottobre 2023 si inserisce infatti in una lunga storia di tensioni, legate anche a eventi chiave come la guerra dei Sei Giorni del 1967, che ha ridefinito i confini e generato molte delle attuali instabilità, come raccontato da Emma Garroni nell’articolo sulla storia di Gaza. Oggi si intravede una possibile de-escalation grazie all’accordo di pace tra Hamas e Israele e alla recente risoluzione ONU che sostiene il piano statunitense per l’invio di una forza internazionale di stabilizzazione, con l’obiettivo di favorire l’accesso degli aiuti umanitari a Gaza.
La sfida dell’educazione
Nonostante questi segnali di apertura, le famiglie e i bambini palestinesi – sia a Gaza, sia in Cisgiordania – continuano ad avere un urgente bisogno di aiuto e protezione. La crisi infatti non riguarda solo la sicurezza e la sopravvivenzaquotidiana, ma colpisce anche l’educazione e il diritto all’istruzione: molte scuole sono state distrutte, altre sono state trasformate in rifugi d’emergenza e migliaia di studenti hanno interrotto o perso del tutto l’anno scolastico. L’impatto del conflitto sui più piccoli è allarmante. Dal mese di ottobre 2023, oltre 500 edifici scolastici sono stati colpiti e il 96% degli istituti della Striscia risulta danneggiato o distrutto, privando più di 625.000 bambini dell’accesso all’istruzione. Anche in Cisgiordania l’istruzione è gravemente compromessa: le restrizioni alla mobilità, unite a scioperi prolungati e a un clima di costante insicurezza, hanno provocato continue interruzioni delle lezioni. Durante l’ultimo anno scolastico sono stati documentati 2.040 episodi di violenza legati alle scuole, con un impatto diretto del percorso educativo di 84.749 studenti. In un contesto in cui oltre il 70% della popolazione ha meno di 29 anni e la disoccupazione giovanile supera il 40%, garantire l’accesso all’istruzione non è soltanto una risposta all’emergenza, ma resta l’unica strada concreta per garantire il futuro di un’intera generazione palestinese.
Un Natale a Betlemme: il diritto allo studio per i bambini palestinesi
In Cisgiordania, dove si trova Betlemme, la Terra Sancta School è un presidio fondamentale per l’istruzione, per la tutela del diritto allo studio e per la difesa dei diritti dei bambini. In questa area della Terra Santa, la maggior parte delle famiglie ha perso la sua unica fonte di reddito: molti genitori faticano ad arrivare alla fine del mese e non sono più in grado di sostenere i costi delle rette scolastiche per i figli. Questa scuola francescana, da sempre fondata sui valori dell’educazione e del rispetto, ha accolto generazioni e generazioni di betlemiti senza alcuna distinzione religiosa, contribuendo ad innalzare il livello di istruzione della comunità e trasmettendo quotidianamente solidi principi di educazione civica. Come riporta la nostra project manager per la ristrutturazione dei locali della Terra Sancta School, Muna: “Mio padre, Jamal Salman, ha frequentato la scuola e per 40 anni è stato guidato dai suoi valori: ora è sindaco di Betlemme”. Oggi però, nonostante il suo ruolo essenziale, la scuola si trova in seria difficoltà: le infiltrazioni d’acqua stanno danneggiando il blocco 1, compreso di ingresso, uffici, biblioteca, cappella e alcune aule della primaria, rendendo urgente un intervento di manutenzione straordinaria che l’istituto, già provato dalla mancanza delle rette, non può sostenere da solo. In questo quadro complesso, la scuola non vuole smettere di accogliere gli studenti e le studentesse palestinesi: per questo motivo, soprattutto nel periodo natalizio, ogni contributo diventa essenziale per continuare a garantire loro un ambiente scolastico sicuro e adeguato.
Siria: il paese che non riesce a ricostruirsi
Come abbiamo raccontato nell’articolo “La Siria oggi: cosa sta succedendo e come si è arrivati a tanto?”, negli ultimi quindici anni la Siria è stata sconvolta da un conflitto che, nato dalle proteste del 2011, si è trasformato in una guerra civile complessa e frammentata. Le diverse aree di controllo — governo, opposizione, forze curde e gruppi jihadisti — hanno favorito l’ascesa di movimenti estremisti come lo Stato Islamico (ISIS). Il crollo del governo di Bashar al-Assad nel dicembre 2024 e l’ascesa al potere di Ahmed al-Sharaa nel gennaio 2025 non hanno portato alcuna stabilità: la nuova leadership non rappresenta la pluralità etnica e religiosa del Paese e persistono le violenze contro minoranze alawite, druse e cristiane con accuse formali di crimini contro l’umanità. Nella regione di Idlib, dove sopravvivono antiche comunità cristiane, la popolazione sta recuperando una parziale autonomia dopo tredici anni sotto il controllo di milizie islamiste. Anche Damasco, capitale della Siria, e Aleppo, nonostante una fragile stabilità, rimangono segnate da povertà diffusa, servizi pubblici al collasso e un futuro ancora incerto. La ricostruzione del Paese appare lontana, frenata da infrastrutture danneggiate e da un tessuto sociale incapace di una vera ripartenza.
Scuole distrutte: la crisi educativa in Siria
In un Paese già provato da oltre un decennio di guerra, l’istruzione in Siria oggi è tra i settori più colpiti. Più di 2,5 milioni di bambini non vanno a scuola e oltre 1 milione è a rischio abbandono. Migliaia di edifici scolastici sono stati distrutti o trasformati in rifugi, mentre quelli ancora attivi funzionano in condizioni critiche: aule sovraffollate, materiali didattici insufficienti, servizi essenziali carenti e continue interruzioni di corrente, che compromettono il diritto allo studio e il normale svolgimento delle lezioni. Questa fragilità espone i minori a rischi crescenti — dal lavoro minorile ai matrimoni precoci — riducendo drasticamente il loro futuro e il loro livello di istruzione. L’ascesa del partito islamista guidato da al-Sharaa ha inoltre introdotto riforme controverse nei programmi scolastici, sollevando preoccupazioni su possibili pressioni ideologiche e sulla tutela di una educazione realmente inclusiva. Un segnale positivo arriva però dalla nuova iniziativa nazionale “Ridatemi la mia scuola”, che punta a ricostruire almeno una scuola per ogni area distrutta. Un progetto ambizioso che, per diventare realtà, dovrà fare i conti con instabilità politica, scarsità di fondi e una crisi economica aggravata da anni di violenze, pandemia e calamità naturali. In questo contesto, il lavoro dei nostri centri educativi nei quartieri più disagiati resta essenziale per offrire supporto, continuità educativa e luoghi sicuri dove l’apprendimento può e deve trovare spazio.
Un Natale a scuola ad Aleppo Est: l’istruzione che resiste alla guerra
In Siria, ad Aleppo Est, i nostri tre centri educativi rappresentano uno dei rari presidi educativi e psicosociali ancora attivi in un territorio segnato dalle continue segmentazioni demografiche e da un’insufficiente capacità della scuola statale di rispondere ai bisogni della popolazione. “Un nome, un futuro”: all’interno del nostro progetto iniziato tra il 2018 e il 2021 operano tre centri differenti ma complementari: Karm Dodoa, Shaar e Myasser. Insieme accolgono circa 4.500 giovani siriani all’anno, di cui il 61% sono bambini e il 38% donne, offrendo loro un modello integrato che unisce educazione, sostegno psicologico e supporto alle disabilità. I programmi educativi comprendono interventi mirati a contrastare l’abbandono scolastico e a facilitare il passaggio tra i diversi livelli di istruzione fino al conseguimento del diploma. Puntano ad aumentare i livelli di alfabetizzazione e a favorire il benessere di una generazione di giovani altrimenti esposta a lavori gravosi. Parallelamente, viene dedicata particolare attenzione anche agli adulti: grazie a percorsi di empowerment e iniziative di prevenzione della violenza di genere, si promuovono e si proteggono i diritti delle donne e delle bambine siriane. Ad oggi, più di 3.400 persone sono in lista d’attesa: un dato che evidenzia la forte e urgente domanda di servizi educativi in questi quartieri ai margini della società. Nonostante le difficoltà e la chiusura di molte strutture internazionali per carenza di fondi, i Centri continuano a essere riconosciuti dalle autorità educative locali, che ne hanno recentemente rinnovato l’approvazione fino a luglio 2026. È essenziale mantenere invariata la qualità delle attività e dei servizi per poter offrire l’accesso anche a coloro che, per il momento, ne rimangono esclusi.