
Milleduecento pasti al giorno. Aleppo e l’emergenza alimentare
La realtà quotidiana per i siriani è segnata dalla ‘caccia al contante’. In tutta la Siria e ad Aleppo l’emergenza alimentare, nonostante la fine della guerra, continua a esistere.
Ayham Khouly, responsabile dei progetti di Pro Terra Sancta a Damasco, racconta una Siria in ginocchio dal punto di vista economico e, quindi, anche sociale. «Le banche, svuotate di liquidità, impongono grosse restrizioni sui prelievi: il limite giornaliero è fissato ad appena 30 dollari, una cifra che non permette alla maggior parte delle famiglie di far fronte alle esigenze basilari. Un cittadino, esasperato, ha reso così la situazione: “È una lotta quotidiana per accedere ai nostri stessi soldi”».
A complicare la situazione si aggiungono i prezzi che fluttuano senza un criterio apparente: «In Siria, il costo dei beni sembra non seguire alcuna regola economica: il prezzo effettivo è sganciato sia dal tasso di cambio ufficiale che da quello parallelo del mercato nero». Gli esperti parlano di una vera e propria ‘anomalia siriana’: «Questa discrepanza alimenta il mercato nero e rende la vita impossibile per i consumatori. Talvolta viene persino richiesto di pagare direttamente in dollari americani, che è impossibile per la maggior parte delle persone: è una valuta troppo alta, la gente non ha più soldi».
La crisi di liquidità si ripercuote direttamente sui redditi dei cittadini, che si ritovano quotidianamente impegnati in una ‘caccia al contante’: «In un’economia ancora fortemente dipendente dal contante, dove i pagamenti elettronici sono ancora poco diffusi, la mancanza di banconote si traduce nell’impossibilità di acquistare beni essenziali». Tutto ciò causa grossi ritardi nel pagamento degli stipendi: «Anche le banche soffrono la carenza di liquidità, e quindi molte famiglie non riescono a ricevere i propri stipendi».
A causa di ciò, sono molte le persone e le famiglie che in Siria non riescono più ad accedere ai beni di prima necessità: l’emergenza alimentare è una realtà che continua a esistere, nonostante la fine della guerra nel Paese. È per contrastare la fame che Pro Terra Sancta ha avviato e porta avanti i progetti del forno e della mensa di Aleppo.
«Nel cuore di Aleppo, città che ha sofferto molto a causa della guerra, la mensa gestita da Pro Terra Sancta brilla come una candela di speranza: non offre solo pasti caldi, ma anche un messaggio di amore e solidarietà che unisce tutti i siriani, indipendentemente dalla loro provenienza». Jean-François Thiry, responsabile dei progetti di Pro Terra Sancta ad Aleppo, racconta i benefici più nascosti che il sostegno alimentare porta alle persone bisognose; prima di tutto, la speranza e la consapevolezza di non essere sole.
La mensa di Aleppo distribuisce ogni giorno milleduecento pasti caldi. Per aiutare quante più persone possibile, gli spazi vengono interamente utilizzati per preparare e cucinare i pasti: i beneficiari possono recarsi alla mensa portando con sè dei contenitori da riempire, per poi portare a casa il cibo alle loro famiglie.

Oltre ad accogliere singoli beneficiari, la mensa supporta realtà locali – orfanotrofi, case di riposo, strutture che accolgono persone che necessitano assistenza continua – attraverso la consegna di pasti per tutti gli ospiti. Intrecciare rapporti con queste realtà è un’occasione per costruire legami con comunità di diversa provenienza, cultura e fede, dando vita a un sostrato comune di sostegno reciproco che oggi, in Siria, è un miraggio: uno spiraglio che permette di guardare a un futuro di pace e convivenza, che oggi ancora non riesce ad affermarsi.
Durante una recente visita al rifugio islamico Al-Mabarra – che ospita 40 residenti, anziani e orfani, molti dei quali affetti da disabilità fisiche e mentali – il team di Pro Terra Sancta ha potuto toccare con mano l’impatto che questi gesti di solidarietà hanno, che va ben oltre l’aiuto materiale contingente. «Durante la visita al rifugio, », racconta Jean-François, «il team ha notato la pulizia e la cura attenta degli ambienti, ma ciò che ha colpito tutti sono stati i sorrisi sui volti dei residenti: un segno che l’amore è davvero l’arma più potente contro la disperazione».
«La cucina popolare non è solo un progetto per sfamare chi ha bisogno: è un ponte tra fedi e culture, un’affermazione che l’umanità è il legame più profondo che ci unisce».