
Gerico, tra le rose e la luna. Tutte le curiosità
Dove si trova oggi la città biblica di Gerico? Siamo in Cisgiordania, a pochi chilometri a nord-est di Gerusalemme. Le sue origini sono immerse nelle nebbie del Tempo, la sua storia custodisce segreti e curiosità non note a tutti.

La città di Gerico (o Jéricho), menzionata in ben settanta passaggi della Bibbia, sorge su un’oasi nel deserto di Giuda ed è una delle principali attrazioni di Terra Santa dal punto di vista religioso, storico e naturalistico.
Vediamo le principali curiosità su Gerico:
La città più antica del mondo?
Varie fonti e varie voci attribuiscono a Gerico il primato di città più antica del mondo: le sue radici affonderebbero addirittura più di diecimila anni prima di Cristo. Numerose scoperte archeologiche hanno portato alla luce l’antichità dei primi insediamenti, dei primi impieghi di tecniche agricole e delle prime istituzioni di sistemi economici e sociali complessi.
Dal 1979 il centro storico di Gerico, delimitato da mura romane, è stato riconosciuto come Patrimonio dell’UNESCO, e dal 2023 anche l’attuale Tell es-Sultan, antico agglomerato urbano contiguo alla Gerico di oggi, è stata dichiarata Patrimonio dell’umanità grazie ai ritrovamenti delle missioni archeologiche dell’Università Sapienza di Roma.
Non tutti però si trovano d’accordo sul fatto che sia Gerico la città più antica del mondo: il primato è conteso con Damasco, capitale della Siria, nata anch’essa intorno al 10.000 a.C. Ma se è dubbia l’assoluta vittoria di Gerico, quel che è certo è che il suo profilo si staglia ben lontano sull’orizzonte, tra le brume del tempo.
La città più bassa del mondo?
Sebbene il primato di città più antica sia incerto, Gerico detiene senza dubbio quello di agglomerato urbano situato alla quota più bassa del mondo: la città infatti si trova a circa 250 metri sotto il livello del mare, sul fondo della depressione del Mar Morto.
Il luogo estremo in cui l’oasi di Gerico si trova rende le estati torride: l’aria si fa pesante, brucia la pelle e il respiro. In passato le comunità beduine si spostavano verso Gerusalemme o verso Ramallah quando arrivava l’estate, ma dopo il 1967 gli spostamenti sono diventati difficili e rischiosi; così le comunità di Gerico e dintorni hanno dovuto ingegnarsi per trovare delle tecniche per sopravvivere al caldo del deserto (le trovi QUI!)
Il Sicomoro di Gerico
Camminando nel centro della città ci si può imbattere in un albero imponente, dal tronco nodoso e dalla folta chioma verde scuro. Si tratta di un sicomoro antico di molti secoli, lo stesso – secondo alcuni – sul quale si arrampicò Zaccheo per riuscire a vedere il passaggio di Gesù nella sua città.
Questo il passo del Vangelo di Luca (Lc 19,1-5):
Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù […] corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”.
Zaccheo era infatti un uomo piccolo di statura, che, travolto dalla folla, non riusciva a districare lo sguardo per individuare colui che desiderava guardare. Così, arrampicatosi sulla cima del sicomoro, spostando le fronde con le dita riuscì ad incrociare lo sguardo di Gesù, che a lui si rivolse e gli parlò, dal basso verso l’alto – riscattando, in qualche modo, la condizione usuale del piccolo uomo.

La Rosa di Gerico
Il sicomoro non è l’unica pianta per cui Gerico è celebre: nota e misteriosa al tempo, infatti, è la rosa di Gerico.
A prima vista, la rosa di Gerico appare come una pianta morta: un ammasso di rami secchi, senza vita. Con il passare del tempo e il giusto apporto d’acqua, però, il nodo di rami si dischiude: le fronde si distendono lentamente, tingendosi di un verde più o meno intenso in base alla temperatura dell’acqua di cui si abbevera.
Questa sua particolare natura la rende un universale simbolo di resistenza e di rinascita, tanto da regalarle il nome di “pianta della resurrezione”. In mancanza di acqua la rosa si chiude su se stessa, trattenendo le energie per sopravvivere; quando poi l’acqua torna a bagnarne le foglie, è in grado di schiudersi tornando rigogliosa, verde e viva. Ma quanto ci mette a riaprirsi la rosa di Gerico? Bastano solo poche ore per osservare lo spettacolo meraviglioso di una pianta che torna in vita.
Si ritiene che la rosa di Gerico, originaria delle aree desertiche della Terra Santa, sia stata portata in Europa da crociati e pellegrini, accompagnata da racconti e leggende. Una delle storie più note narra che questa pianta fosse in grado di fornire acqua ai viaggiatori assetati, aiutandoli lungo il loro cammino: come la rosa riesce a sopravvivere nel deserto, così donerebbe la vita ai viaggiatori stanchi e senza forze. Addirittura, alcune tradizioni esoteriche la utilizzano in rituali volti ad attrarre fortuna e abbondanza.
Anche la Bibbia riconosce un legame tra Gerico e le rose: nell’Elogio della Sapienza, quest’ultima racconta le proprie origini e dice che «quasi palma exaltata sum in Cades, et quasi plantatio rosae in Iericho»: “Stesi i miei rami come una palma di Cades, e come una pianta di rose in Gerico” (Ecclesiastico 24, 18).
I Datteri di Gerico
L’oasi di Gerico è ricca di acqua, questo insieme alla sua collocazione nel deserto contribuisce a creare le condizioni ideali per la coltivazione della palma da dattero, tanto che Gerico è nota anche come “la città delle palme”.
La palma è ritenuta da molti la prima pianta coltivata dall’umanità, e la Bibbia – così come anche il Corano – è costellata di riferimenti alla sua presenza in Terra Santa. I suoi frutti sono noti come “l’oro del deserto”, segno dell’importanza e della preziosità che ricoprono per la sopravvivenza di chi viaggiava nel deserto: i viaggiatori, dopo aver mangiato qualche dattero ricavandone nutrimento ed energia, usavano sputarne i noccioli nei luoghi in cui si fermavano a mangiarli. In questo modo contribuivano a far crescere nuove palme lungo tutto il loro percorso, creando un’oasi di salvezza e nutrimento per i viaggiatori a venire.
Tanto le palme da dattero sono caratteristiche della zona di Gerico e della Palestina tutta, che esiste un antico detto locale che racconta come, della palma, non si butti via niente; ogni cosa può diventare un ingrediente fondamentale per la creazione di strumenti utili alla vita umana:
«I datteri per l’alimentazione, le fronde per la preghiera e le lodi, le foglie per le capanne, la rafia per la realizzazione di corde, il tronco per i soffitti».
La Luna di Gerico: il dio-Luna
L’etimologia del nome “Gerico” è interessante: c’è chi ritiene che il suo nome derivi dalla parola cananea reah, traducibile con “profumato” – stabilendo forse un ulteriore legame tra la città e le rose – e c’è chi ritiene più probabile che la sua origine si trovi invece nella parola yareah, ossia “luna”.
Pare infatti che in queste zone venisse praticato un culto ancestrale della luna; il dio della Luna della religione cananea si chiama Yarikh, l’“illuminatore dei cieli” e “delle miriadi di stelle”, “signore della falce” e portatore della rugiada notturna. Proprio quest’ultima sarebbe il dono del dio al deserto di Gerico: la rugiada che abbevera la terra facendo fiorire le piante e i frutteti.
Nei pressi di Gerico è stata anche rinvenuta una statua che raffigura la testa di un uomo: è stata ritenuta una delle più antiche esistenti rappresentazioni di un dio, in particolare del dio Yarikh. La testa dell’illuminatore delle miriadi di stelle sancisce il legame lunare tra Gerico e il cielo, vivo sin dai tempi più remoti e reso indissolubile dalla presenza di Gerico nella Bibbia e nelle radici della storia del Cristianesimo e dell’Occidente tutto.